Malattie Autoimmuni

MALATTIE A CARATTERE EREDITARIO
PREMESSA
Sono molte le patologie a carattere ereditario, congenite o meno, che possono colpire il Pastore Australiano. In letteratura scientifica si arriva ad elencarne una quarantina. La  prima domanda a sorgere spontaneamente a questo punto e’: “quali si presentano con maggior frequenza?”, “quali ci devono preoccupare maggiormente?” Il mondo scientifico a questo proposito è concorde nell’affermare che è molto difficile stabilire l’esatta incidenza delle varie patologie, perché molte di esse sono ancora poco studiate, alcune derivano dalla mutazione di più geni, altre possono ritenersi ad eziologia polifattoriale, cioè derivare sia da un’alterazione genetica che dall’influenza di fattori ambientali. A volte, quand’anche si conoscano i geni coinvolti nella patologia in questione, se ne ignorano le modalità di trasmissione; in altri casi, pur conoscendo i geni responsabili della patologia e le modalità di trasmissione delle loro mutazioni, non si è in grado di mettere a punto un dna-test che identifichi i soggetti malati o i portatori sani. Per ultimo, ma non per questo di minore importanza, la mancanza di professionalità cultura e moralità da parte di chi, senza né coscienza né scrupoli, usa in riproduzione soggetti non controllati, influenzano senza dubbio sia l’incidenza delle malattie ereditarie che la stima numerica dei soggetti malati o portatori da parte della comunità scientifica.
A differenza di ciò che accade in altri paesi europei, in cui i club di razza talvolta  possono addirittura imporre delle normative al proprio Ente Cinofilo Nazionale, lo IASA, prendendo atto dell’organigramma della cinofilia ufficiale Italiana, non può fare altro che limitarsi a suggerire delle linee guida. Esse vanno considerate  come suggerimenti utili a chiunque voglia occuparsi di Australian Shepherd, sia esso iscritto o meno al Club, sia esso allevatore con o senza affisso, sia esso un semplice proprietario.

ANEMIA EMOLITICA IMMUNOMEDIATA

In condizioni fisiologiche il sistema immunitario produce anticorpi specifici con la funzione di eliminare gli eritrociti giunti ormai a “fine carriera”. Esso sfrutta la condizione di mutata configurazione antigenica di superficie degli eritrociti “vecchi” per produrre specifici anticorpi “spazzini” (complementari antigenicamente parlando alla suddetta superficie) deputati alla loro eliminazione.

Parallelamente il midollo osseo assicura un adeguato turn-over eritrocitario: una sorta di omeostasi eritrocitaria.

In caso però di disordine immunitario, può accadere che venga distrutta indiscriminatamente tutta la popolazione di globuli rossi da parte di anticorpi che non sanno più distinguere cellule “self” da cellule “not self”.

Questa condizione patologica induce uno stato di grave anemia, particolarmente preoccupante quando si tratta di anemia non rigenerativa, cioè quando anche il midollo osseo è incapace di contrastare l’azione distruttiva degli anticorpi. Essi infatti tendono a distruggere anche le forme eritrocitarie immature prodotte dal midollo osseo: i reticolociti.

L’anemia emolitica immunomediata, eziologicamente parlando, può presentarsi in forma primaria o idiopatica, oppure secondaria.

  • La prima ha origine sconosciuta; la comunità scientifica è concorde nel ritenere che essa sopraggiunga in soggetti geneticamente predisposti, ma ne ignora ancora le cause scatenanti.

  • La seconda forma clinica vede come causa scatenante un processo infiammatorio ad andamento cronico e, più raramente, una patologia di tipo neoplastico.

Quale che sia la causa scatenante, la patogenesi della malattia in questione rimane sempre la stessa.

Come si manifesta?

 è strettamente correlata alla gravità dello stato anemico  ed ai relativi meccanismi di compensazione messi in atto dall’animale: letargia, abbattimento del sensorio, pallore delle mucose, ittero, tachipnea, tachicardia.

La gravità dei sintomi è sempre contraddistinta da un rapporto di proporzionalità diretta con l’entità e la velocità nell’insorgere dell’eritrolisi. A questo proposito si ricorda come uno stato anemico grave, ma che si instaura lentamente, possa apparire in modo meno grave rispetto ad una stessa condizione patologica instauratasi, però , più rapidamente. Nel primo caso è proprio il tempo a consentire all’organismo tramite il “filtro” epatico prima, e quello renale poi, di metabolizzare l’emoglobina contenuta nelle cellule ematiche distrutte, senza che il soggetto appaia itterico.

La diagnosi 

La diagnosi di anemia emolitica immunomediata viene effettuata tramite il test di Coombs, il quale identifica la presenza di anticorpi anti-eritrociti senza però essere in grado di distinguere la forma clinica primaria da quella secondaria.

Il protocollo terapeutico

Pur essendo intuitivamente correlato alla gravità dello stato anemico, prevede sempre, come punto chiave, l’induzione farmacologia di uno stato di immunosoppressione tramite somministrazione di corticosteroidi, anche per tutta la durata di vita dell’animale. In caso di mancata risposta a tali farmaci o di effetti collaterali eccessivi, si può ricorrere all’azatiopirina, benché anch’esso non sia esente da controindicazioni. In letteratura si segnala anche l’uso di ciclofosfamide e di ciclosporina, quest’ultima in assoluto la più sicura e maneggevole, ma molto costosa!

La prognosi è generalmente infausta.